10.10.13

L'amor perduto reprise.

Nel post di ieri proponevo una suggestione lanciata da Alice Miller riguardante l'inseguire, in amore, persone che ci rifiutano come ripetizione di uno schema subito nei primissimi mesi di vita. Naturalmente la faccenda è più complessa di così. Quella ferita subita all'inizio della vita, quasi come un tradimento primordiale, di cui non abbiamo memoria se non nella profondità del nostro inconscio poi può agire attraverso di noi attraverso mille modi. Quindi piuttosto che inseguire qualcuno che non ci vuole, potremmo avere manie di controllo nei confronti del partner, potremmo essere seduttori seriali che una volta che hanno la certezza della disponibilità della "preda" la abbandonano senza magari nemmeno "consumare". Tutto in funzione di quei primi mesi.

Che quest'idea sia valida o contestabile si presta ad essere usata come chiave interpretativa della nostra società. Magari con alcuni passaggi deboli e contestabili... Ma insomma ci può dire qualcosa in più riguardo a certi fenomeni o certe tendenze che riscontriamo oggi nei nostri conoscenti e, nei casi peggiori, nelle pagine di cronaca nera dei quotidiani.

Ad esempio, se seguite il mio blog sapete che tempo fa pubblicai una riflessione sul femminicidio intitolata "soluzioni idiote per un problema male impostato", dove sostenevo che tirare in ballo la società maschilista per spiegare simili tragedie poteva essere fuorviante e soprattutto rischiava di non aiutare a trovare soluzioni adeguate. Questa notte ho avuto un'illuminazione (parole forti) e ora posso dare sostanza a quel pensiero.


Immaginate il signor X che ha una relazione con la signorina Y. Dopo tot anni la signorina Y decide di attuare un cambiamento nella propria vita e decide che il signor X non dovrà farne più parte. Lo svolgimento "normale" delle cose (mi pare di sentire Focault urlare nella tomba) vorrebbe che X dopo un certo tempo se ne facesse una ragione e si facesse una nuova vita. Ma cosa succederebbe se per X la relazione con Y fosse il modo per riscattarsi da quella prima ferita? L'esperienza dell'abbandono non sarebbe semplicemente dolorosa, rischierebbe di spazzarlo via. I significati in gioco sarebbero decisamente più "pesanti". E' facilmente immaginabile che a quel punto Y diventi una vera e propria ossessione per X, e nella peggiore delle ipotesi che X inizi ad avere comportamenti violenti nei confronti di Y. Posto che questi comportamenti non fossero già parte della relazione. Già perchè non solo nei momenti in cui siamo abbandonati riviviamo certe ferite... Ma le portiamo costantemente con noi e determinano i nostri comportamenti. Questo vale tanto per X quanto per Y.

Possiamo affermare, parlando in generale, al netto delle infinite variazioni dei mille mila possibili casi, che sia X che Y nella relazione portano il loro bagaglio di vita. Così per un X che dovesse portare atteggiamenti violenti come risultato della propria ferita iniziale, Y probabilmente porterà atteggiamenti remissivi di fronte a quella stessa violenza, e anche questi sarebbero il risultato di ciò che ha vissuto. Così si crea un'escalation fatta di tanti piccoli passi che portano verso il tracollo improvviso. A questo punto pensate davvero che aumentare le pene per gli stalker, per i maltrattatori ecc... sia un deterrente? Credo proprio di no.

Ma se applichiamo questa linea di pensiero per guardare alla società in cui viviamo emerge un dato inquietante. Non ho statistiche rilevanti in mano ma mi pare di capire che i vari signori X che arrivano ad avere comportamenti maniacali nei confronti di signorine Y sono soprattutto uomini fra i 30 e i 50 anni. Ovvero i figli di quella generazione che è nata dopo la guerra e che per la prima volta in Italia si è trovata a vivere in una società "industrializzata" (mentre i loro genitori, i nonni dei signori X sono la generazione che ha ricostruito l'Italia dopo la guerra). Insomma i figli di quegli adulti che sono cresciuti durante la crisi dell'ideologie e che hanno poi messo in atto "la Milano da bere". E se quegli adulti non fossero stati in grado, per ragioni non completamente dipendenti da loro, di essere buoni genitori? Buoni genitori in questo caso lo intendo come persone capaci di ridurre al minimo quella ferita iniziale che il bambino patisce quando la madre e il padre invece di accogliere i suoi bisogni vi proiettano i loro. Se il mito del lavoro e del successo li avesse portati a trascurare i bisogni dei loro neonati? Giusto oggi se ne inizierebbero a vedere le conseguenze. Aggiungiamoci che all'epoca le conoscenze di psicologia, neuropsicologia, neonatologia e quant'altro erano embrionali o comunque poco sviluppate. Ad esempio i bambini una volta nati venivano praticamente separati dalla madre e messi nel reparto maternità assieme ad altri bambini mentre oggi sappiamo che invece già le prime ore sono cruciali per la costruzione di un rapporto sano fra madre e neonato.

Quindi in sostanza... Se il problema del femminicidio oggi emergesse con simile prepotenza non tanto come frutto di una società maschilista ma come frutto di una società che dei bambini se n'è sempre sbattuta allegramente?

Per carità ci sono un'infinità di fattori da considerare e sinceramente non ho le competenze per riuscire ad elaborare in modo esaustivo tutta la faccenda. Comunque mi sembra un buon inizio.

Mi si potrebbe obiettare che alla fine all'ideologia della "società maschilista" non ho fatto altro che sostituire un'ideologia di una società "infanticida". Però a mio avviso c'è una differenza: la seconda visione permette l'assunzione di responsabilità da parte di ciascuno di noi. Se infatti non posso fare nulla contro una società maschilista se non scendere in piazza a manifestare contro il maschio medio... Posso fare molto, come dicevo ieri, per riparare quelle ferite che ho subito nella mia infanzia riconoscendole ed elaborando il lutto. Ma forse è proprio per questo che ci "piace" l'immagine che ci danno i media... Perchè in fondo ci lascia credere che i cattivi sono sempre gli altri e che in noi non c'è nulla che non vada. Fino al giorno in cui gli altri non diventiamo noi. Grazie Umberto (Tozzi, non Bossi).

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